Trama. Nel corso dell'estate del 1890 in una grande casa di campagna irlandese, Miss Julie si ritrova al centro di una battaglia di classe e di sessi quando, da figlia di un ricco proprietario terriero, si impegna a sedurre John, il valletto del padre. Le sue azioni, causa di una lotta di potere dalle tragiche conseguenze, si svolgeranno sotto l'occhio osservatore e attento della cuoca di famiglia e amante di John.
Recensione di Sara
Per Jessica Chastain non è sicuramente la prima volta che il suo amore per il cinema si fonde con quello del teatro. Ricordiamo Salomé, dove si era davanti proprio ad un teatro filmato e Coriolanus, dove le battute dell'opera di Shakespeare si fondevano con una regia ed un'impostazione prettamente cinematografiche. Ora con Miss Julie ci troviamo in una via di mezzo tra le due opere precedenti. Liv Ullmann, infatti, ci offre sia teatro filmato, sia momenti di cinema puro che esulano dalla presenza o meno di un palcoscenico. Una scelta coraggiosa, pericolosa, che se da una parte può far sembrare che la regista non sappia bene dove collocare l'opera per donargli un'identità, dall'altra, invece, riesce ad enfatizzare alcuni momenti, facendo concentrare la nostra attenzione non tanto sulla extradiegetico, ma sull'interpretazione degli attori e sulle loro emozioni.
Proprio per questo motivo, tutta la parte centrale (cioè buona parte della pellicola) è ambientata praticamente in cucina dove Miss Julie e John si trovano ingabbiati nelle loro paure, nelle loro angosce e nei loro sentimenti. Ed ecco che allora la stanza si trasforma in trappola, diventa fondamentale per la narrazione, per portare lo spettatore a provare claustrofobia ad immedesimarsi con i sentimenti dei due protagonisti. Non c'è via di scampo, non c'è un' uscita dalla porta che possa portare alla salvezza, se non nell'ultima inevitabile scelta. E' una continua rincorsa del gatto col topo, o meglio, del gatto col cane. Un'alternanza di ruoli progressiva, dove Miss Julie da gatto indomabile e fiero, si trasforma in cane addomesticato, pronto a stendersi ai piedi del padrone. D'altro canto John compie il percorso opposto anche se, più volte, si ha la sensazione che il vero calcolatore, la vera volpe, sia stato lui fin dall'inizio.
Certamente Miss Julie non è un film semplice e sicuramente, a causa della sua verbosità, non per tutti, ma anche affascinante. La regia della Ullmann è accattivante, studiata, geometrica come solo il miglior Wes Anderson sa fare. Quelli che riesce a creare sono, molte volte, dei dipinti in movimento che, grazie alle intepretazioni, riescono a suscitare delle vere emozioni nell'animo dello spettatore. Inutile dirvi come Jessica Chastain, riesca, in più di un occasione a spezzarvi il cuore, a calpestarvelo e a farvi singhiozzare. Perché in lei c'è l'orgoglio di una donna ferita, che non riesce a reagire, che si sente abbandonata e si dona, senza riuscire a trovare una via di fuga né da se stessa, né dalla condizione sociale che la ingabbia. Ecco perché la cucina, ma in generale tutto il sontuoso palazzo, diventano il suo corrispettivo, la messa in quadro che si fa messa in scena e poi personaggio stesso.
Miss Julie è uno dei quei film di genere che può piacere o meno, ma che oggettivamente ci mette davanti ad una costruzione quasi perfetta del quadro.
Recensione di Fabio
Per Jessica Chastain non è sicuramente la prima volta che il suo amore per il cinema si fonde con quello del teatro. Ricordiamo Salomé, dove si era davanti proprio ad un teatro filmato e Coriolanus, dove le battute dell'opera di Shakespeare si fondevano con una regia ed un'impostazione prettamente cinematografiche. Ora con Miss Julie ci troviamo in una via di mezzo tra le due opere precedenti. Liv Ullmann, infatti, ci offre sia teatro filmato, sia momenti di cinema puro che esulano dalla presenza o meno di un palcoscenico. Una scelta coraggiosa, pericolosa, che se da una parte può far sembrare che la regista non sappia bene dove collocare l'opera per donargli un'identità, dall'altra, invece, riesce ad enfatizzare alcuni momenti, facendo concentrare la nostra attenzione non tanto sulla extradiegetico, ma sull'interpretazione degli attori e sulle loro emozioni.
Proprio per questo motivo, tutta la parte centrale (cioè buona parte della pellicola) è ambientata praticamente in cucina dove Miss Julie e John si trovano ingabbiati nelle loro paure, nelle loro angosce e nei loro sentimenti. Ed ecco che allora la stanza si trasforma in trappola, diventa fondamentale per la narrazione, per portare lo spettatore a provare claustrofobia ad immedesimarsi con i sentimenti dei due protagonisti. Non c'è via di scampo, non c'è un' uscita dalla porta che possa portare alla salvezza, se non nell'ultima inevitabile scelta. E' una continua rincorsa del gatto col topo, o meglio, del gatto col cane. Un'alternanza di ruoli progressiva, dove Miss Julie da gatto indomabile e fiero, si trasforma in cane addomesticato, pronto a stendersi ai piedi del padrone. D'altro canto John compie il percorso opposto anche se, più volte, si ha la sensazione che il vero calcolatore, la vera volpe, sia stato lui fin dall'inizio.
Certamente Miss Julie non è un film semplice e sicuramente, a causa della sua verbosità, non per tutti, ma anche affascinante. La regia della Ullmann è accattivante, studiata, geometrica come solo il miglior Wes Anderson sa fare. Quelli che riesce a creare sono, molte volte, dei dipinti in movimento che, grazie alle intepretazioni, riescono a suscitare delle vere emozioni nell'animo dello spettatore. Inutile dirvi come Jessica Chastain, riesca, in più di un occasione a spezzarvi il cuore, a calpestarvelo e a farvi singhiozzare. Perché in lei c'è l'orgoglio di una donna ferita, che non riesce a reagire, che si sente abbandonata e si dona, senza riuscire a trovare una via di fuga né da se stessa, né dalla condizione sociale che la ingabbia. Ecco perché la cucina, ma in generale tutto il sontuoso palazzo, diventano il suo corrispettivo, la messa in quadro che si fa messa in scena e poi personaggio stesso.
Miss Julie è uno dei quei film di genere che può piacere o meno, ma che oggettivamente ci mette davanti ad una costruzione quasi perfetta del quadro.
Recensione di Fabio
Dall'opera teatrale al film. Il cinema ha spesso saccheggiato il
palcoscenico. Quasi un passaggio naturale per i grandi testi a cui va
stretto un mezzo solo e rivivono con il loro immaginario in nuove
forme. Uno di questi è Fröken Julie del
drammaturgo svedese August Strindberg. Una tragedia, scritta sul
finire dell'Ottocento, che conta diverse trasposizioni
cinematografiche (e televisive). Tre i principali adattamenti: il
film di Alf Sjöberg Palma d'Oro al
festival di Cannes del 1951, la versione firmata nel 1999 da Mike
Figgis e l'anno scorso il lungometraggio di Liv Ullmann.
Presentato
in anteprima mondiale lo scorso settembre al Toronto Film Festival,
il film della regista non ha avuto particolare fortuna nonostante un
cast importante composto da Jessica Chastain, Colin Farrell, Samantha
Morton. La distribuzione debole, in generale, lo ha penalizzato. In
alcuni Paesi, compresi gli Stati Uniti, è uscito soltanto in
versione limited, in Italia nessuna possibilità si è profilata
all'orizzonte. Come spesso accade uno dei mercati più attenti si è
rivelato quello francese, dove il film è addirittura già uscito per
l'home video. Scherzando si potrebbe dire che è colpa della
“maledizione Chastain”. Superattiva, con una ventina di film solo
negli ultimi 4 anni, spesso “invisibili”, usciti in ritardo e
distribuiti malamente. Miss Julie è uno dei suoi quattro film del
2014, insieme a The Disappearance of Eleanor Rigby: Them,
Interstellar, A Most Violent Year, e di questi solo il kolossal di
Christopher Nolan ha avuto supervisibilità ed è arrivato anche
nelle sale italiane. L'attrice americana d'altronde preferisce
solitamente produzioni abbastanza piccole, scommesse che magari al
botteghino si rivelano alla fine purtroppo perse, ma almeno
artisticamente vincenti.
Anche Miss Julie, pur nelle sue
imperfezioni che ne fanno un film non completamente riuscito, finisce
per rappresentare una tappa interessante di un percorso attoriale che
non trova minimamente paragoni con quello di altre interpreti
dell'ultimo lustro. L'attrice interpreta la figlia di un conte che un
giorno d'estate del 1890, in una grande casa di campagna, seduce il
servitore del padre sotto gli occhi della cuoca di famiglia e amante
dell'uomo. Rispetto all'opera originale, dove la vicenda è
ambientata nella Svezia di Strindberg, Liv Ullmann sposta il contesto
nell'Irlanda dove sono state effettuate anche le riprese. La villa e
l'esterno vengono mostrate nell'ottimo incipit con apprezzabile stile nella composizione delle
inquadrature e dei movimenti di macchina. Su questi elementi la
regista avrebbe potuto concentrarsi di più anche nel resto del film
dove invece le scene in esterno quasi scompaiono e gran parte della
vicenda si snoda all'interno della grande cucina con lunghi dialoghi
tra i protagonisti.
Un'impostazione teatrale che tende con l'andare
dei minuti ad appesantire un po' la visione, senza arrivare ad essere
quell'esempio di meraviglioso “teatro cinematografico” che si respira,
per ricordare un altro lavoro di Jessica Chastain, in Salomé.
Ritmo diverso, minore intensità rispetto allo stupendo adattamento
dell'opera di Oscar Wilde firmato dal Al Pacino. E certo Colin
Farrell non ha il magnetismo del grande attore italoamericano. Né
quello di Peter Mullan che interpreta lo stesso ruolo nella versione
cinematografica di Miss Julie diretta da Figgis. Prova
dignitosa la sua, ma ancora una volta Farrell dimostra certi limiti
che in un film di recitazione come questo vengono fuori facilmente.
Di certo non all'altezza di Jessica Chastain con la quale divide la
scena. Dominatrice che finisce per essere domata, l'attrice fa ancora
vedere il suo versatile camaleontismo, dando al personaggio di Julie
le sfumature necessarie. Il picco recitativo viene probabilmente
raggiunto in una scena di rabbia in cui sventola una mannaia davanti
agli occhi dell'attore irlandese. Scena che anticipa il finale che
si riallaccia dal punto rivista registico in qualche modo
all'incipit. Un bel colpo di coda che non cancella alcuni problemi
del film, ma ne migliora il giudizio. Nel complesso positivo.
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