domenica 9 giugno 2013

The Tree of Life (recensione)

Trama. Dopo la morte del fratello minore, Jack si ritrova ad incontrare dopo anni il padre con il quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale. L'evento porterà l'uomo a riflettere sulla natura della vita e sullo scopo della vita attraverso flashback sul suo passato e la sua famiglia.








Recensione di Sara "Skeeter"

Boiata pazzesca o immenso capolavoro? Difficile giudicare il film di Terrence Malick che ha diviso critica e pubblico; c'è chi pensa che siamo davanti ad un grande cinema e chi, invece, la pensa all'esatto opposto. Io mi trovo nel mezzo. Prima di tutto credo sia necessario uscire dal termine "film" che, per un film del genere, è riduttivo: per capire l'opera del regista bisogna uscire da questa ottica e parlare come si parlerebbe di un quadro, ovviamente in movimento. Più videoarte che film dunque. 
La trama è semplice, ma alla fin fine inutile per l'opera stessa: vediamo la crescita di un bambino in una famiglia con un padre autoritario e una madre fin troppo dolce, che affrontano assieme la morte di uno dei fratelli del ragazzino, presumibilmente deceduto in Vietnam.

Il resto è un continuo accostamento di immagini che partono dall'origine del mondo, con tanto di Big Bang e dinosauri e, sinceramente, io sono rimasta incantata a guardare questi "ritratti del mondo" estraniandomi dall'idea che stessi seguendo un film con un percorso narrativo. Il regista, infatti, è molto più contemplativo che descrittivo: induce lo spettatore a diventare osservatore attento, non solo ascoltatore di una vicenda che viene raccontata. Accentua l'uso dei sensi e, appunto, la vista in primis. In rapporto a questo macrocosmo c'è il microcosmo della famiglia e di come soprattutto padre e figlio si amino e si odino, di come si avvicinino e allontanino e di come il piccolo vede il mondo, la natura, gli oggetti che gli stanno attorno. Siamo in una sorta di soggettiva, anche se di soggettiva vera e propria, tecnicamente parlando, non ce n'è.

Quello che Terrence Malick tenta di fare è paragonare l'evoluzione dell'universo con quella del singolo: nel nostro modo di affrontare la vita non ci siamo solo noi, ci sono millenni di crescita dell'essere umano che ci hanno portato ad essere quelli ch siamo inevitabilmente. E non sto parlando solamente di evoluzione tecnologica, parlo anche di evoluzione del cervello che dall'uomo preistorico è cresciuto fino a diventare quello che noi tutti abbiamo.


Fin da subito l'opera ci pone un quesito: scegliere la via della Grazia o quella della Natura? La prima è metaforicamente rapprensentata dal personaggio della madre con le caratteristiche della dolcezza e della comprensione a fare da padrone, la seconda invece dalla figura del padre autoritario e irruento. L'uomo per sopravvivere alla società moderna deve ricoprire dei ruoli, a volte fingere e l'intelligenza del regista sta nel mostrare questo attraverso il simbolo dei dinosauri, dove uno di loro sopravvive perché si finge morto. Ed ecco raccontato in maniera artistica e sicuramente non convenzionale il gioco di ruoli che siamo costretti a vivere ogni giorno, ma che ci viene mostrato esistente già dalla notte dei tempi.

Parlando sempre di simboli e metafore ho trovato meravigliosa la scena in cui il padre accarezza per la prima volta il piede del bimbo appena nato e il parallelo con gli asteroidi che scontrandosi portano alla distruzione sì dei dinosauri, ma alla nascita di una nuova vita ed era. Ed ecco che i genitori diventano queste masse che fondendosi danno origine ad una nuova esistenza esattamente come accade ed è accaduto nello spazio.

The Tree of life, l'albero della vita. Se andiamo a leggere le tradizioni religiose veniamo a sapere che Dio lo aveva posto nel Giardino dell'Eden e Adamo, prima del peccato originale, ne traeva segreti e sapienza.Nella tradizione cristiana questo albero è poi associato all'immagine sia del Paradiso che alla Croce di Cristo. Il rapporto con Dio è marcato nel film di Terrence Malick dividendo la scienza, immagini del big bang ecc.., dalla religione con le credenze della madre che si rivolge all'Onnipotente dopo la morte del figlio chiedendogli spiegazioni. Le spiegazioni, però, vengono date dal regista attraverso la scienza mostrando come, fin dai tempi più remoti, dalla morte si generava la vita.  Probabilmente Malick chiede troppo nel voler lasciare allo spettatore la possibilità, attraverso l'accostamento d'immagini suggestive, di porsi domande esistenziali perché, purtroppo, quello che genera in uno spettatore medio, abituato a farsi accompagnare passo dopo passo, è spiazzamento e irritazione.

 Personalmente non mi sono sentita né spiazzata (un po' perché sapevo a cosa andavo incontro) né irritata, ma per quanto penso che sia un buon film credo abbia voluto mettere troppa carne al fuoco e oltre due ore di film di questo genere sono difficili da digerire per chiunque. Per la prima ora mi sono lasciata trascinare da questi simboli e metafore, come una barca in un mare in burrasca, ma dopo il mal di mare a preso il sopravvento anche su di me.

Ambizioso e difficile per chiunque, ma Terrence Malick ha il merito di aver creato qualcosa di nuovo che non si era mai visto e per quello meritevole, nonostante tutto, di visione.




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