domenica 25 maggio 2014

TAR (recensione)


Trama.  La poetica  e l'esistenza di C. K. Williams, vincitore  del premio Pulitzer nel 2000 per la poesia, vista attraverso il lavoro di dodici registi esordienti, studenti di cinema della New York University. Ad interpretare la pellicola James Franco, qui nelle vesti anche di produttore, Jessica Chastain, Mila Kunis e Zach Braff.


 

Recensione di Sara
Visivamente simile alla produzione di Malick a cui fa il verso anche dal punto di vista tematico volendo regalare allo spettatore la cosmologia della vita limitata, però, al microcosmo di una sola persona. Il risultato è un'opera riuscita a metà, dove la prima è sicuramente molto convincente e meno confusa della seconda.

Tar, che molto probabilmente uscirà in Dvd con il titolo 'Forever Love', costruisce la sua struttura narrativa in maniera diegetica, cioè attraverso la messa insieme di una serie di poesie di C.K. Williams a cui James Franco e 12 registi esordienti, provano a dare la loro interpretazione.

Molto probabilmente la pellicola soffre proprio di questo lavoro a troppe mani, dove ognuno cerca di metterci del suo, finendo per, soprattutto nell'ultima parte, rendere confusa una visione che dura solamente poco più di un'ora.

Ma del buono c'è, soprattutto nella voglia di fare qualcosa di complesso come omaggiare nello stile e nelle tematiche il Tree of Life di Malick. Per questo motivo si avvale del supporto di Jessica Chastain che brilla di luce propria come il sole che, esattamente come nell'opera che l'ha lanciata nel 2011 dalla quale si hanno parecchi déjà vu, le accarezza il viso e la pelle, trasformandola in un figura eterea.

Eterea come l'idea che ha il protagonista, interpretato dallo stesso Franco, di sua madre, appunto Chastain, che diventa il punto di partenza dal quale si sviluppa la sua personalità e il suo rapporto con il gentil sesso.
 
'Dovresti sparare ai tuoi incubi', gli dice Jessica Chastain ad un piccolo James Franco.  Sì perché il mondo di questo poeta, prima di trovare la pace con l'attuale compagna (Mila Kunis) attraversa una fase alla gioventù bruciata, di perdizione ed è in quel momento che la pellicola lascia un po' a desiderare, risultando confusa (forse volutamente) e poco incisiva.

Riesce a riprendersi leggermente sul finale, dove il discorso cosmologico sulla vita prende una strada forse un po' troppo pessimistica se paragonata alla saturazione delle immagini che ancora danno un senso di pace e tranquillità, con l'uso della pellicola sgranata che, comunque, ci regala quel tocco vintage affascinante e che, almeno visivamente, eleva la pellicola.

Un itinerario poetico che ci fa viaggiare tra passato, presente e futuro con un montaggio che non segue, come Malick, cronologicamente i fatti, proseguendo su un percorso, a tratti psichedelico, poco chiaro, ma artisticamente  e visivamente di valore.





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